<<La spensieratezza va stroncata alla nascita>> ed entra un uomo bizzarro, riccioli lunghi, viso allungato, con un’imbracatura che scopre la pancia e degli stivaletti da altri tempi.
La fisionomia, dai tratti inequivocabili, è quella di Antonio Rezza che approda all’Elfo Puccini dal 20 al 26 febbraio con Fratto X.
Uno spettacolo esilarante che affronta i concetti, sfida il linguaggio e porta in scena i sentimenti dando loro un volto e un corpo.
È difficile parlare di una consequenzialità logica, non c’è una storia lineare da seguire dall’inizio alla fine, ma coppie di personaggi che si confondono tra loro: c’è Mario, c’è Rita, c’è la cugina di Rita, ma anche Beppe e l’ansia, Beppe e la “polissia” e ancora i fratelli Karamazov e l’elenco potrebbe continuare.
Antonio Rezza, come in quasi tutti i suoi spettacoli, è un one-man-show e controlla lo spettacolo dall’inizio alla fine, servendosi del supporto della sceneggiatura, molto essenziale, costituita da teli elastici, e delle comparse chiamate a gesti acrobatici.
Il teatro Rezza-Mastrella, cognomi inseparabili sulla scena italiana, riesce a sfuggire alle etichette, alle categorie perché impossibile da collocare entro una definizione, entro una spiegazione sintetica che riesca a definirlo correttamente, motivo per cui può sembrare in apparenza confusionario oltre che sfuggevole.
Sì, è un teatro comico perché il pubblico non riesce a fermare le risate (a volte anche esagerando), è un teatro che fa un utilizzo quasi vitale della mimica e della gestualità, è un teatro per e con le persone.
Ammesso e concesso che lo spettacolo dal vivo non abbia bisogno necessariamente di un palcoscenico – e questa non è una novità – gli spettatori sono chiamati ad essere co-esecutori in una partecipazione totale allo spettacolo e in una disinibizione a cui il pubblico, forse, non è mai realmente pronto.
Via i cliché, al bando i buon costumi.
Sul palcoscenico, un po’ sulla scia della tradizione greca della rottura con l’ordinario, tutto è lecito: togliersi le mutande, interrompere le preghiere con ciop-ciop, fare la voce ad un marchingegno elettronico.
Lo spettacolo è una sonora risata nei confronti dei fatti sociali (nell’accezione sociologica di Durkheim), delle istituzioni, degli obblighi, di tutto quel peso della vita, della morte.
È proprio qui il risultato del calcolo matematico, è qui che si gioca l’ultima operazione dell’equazione cominciata dalla nascita. Si può ricondurre tutto ad un fratto x.
C’è una linea, qualcosa sopra, qualcosa sotto e poi una semplificazione fino alla fine, fino a che non rimane solo quella linea che divide i due termini perché nessuno è un numero primo.
Le mie parole non possono essere comunicative quanto riesce ad esserlo questo spettacolo in due ore, dunque il consiglio è di andare a teatro, amare o odiare Antonio Rezza, farvi prendere per un bersaglio.
Se non riuscite ad arrivare a Fratto X, va in scena subito dopo fino al 6 marzo e nello stesso palco dell’Elfo Puccini Anelante, spettacolo più recente, firmato inconfondibilmente dalla coppia – che non scoppia – Rezza-Mastrella.
Fratto_X
di Flavia Mastrella, Antonio Rezza
(mai) scritto da Antonio Rezza
habitat Flavia Mastrella
assistente alla creazione Massimo Camilli
con Antonio Rezza e con Ivan Bellavista
disegno luci Mattia Vigo
prodotto da Rezza Mastrella – Fondazione TPE – TSI La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello
A cura di Cecilia Angeli