A cura di Carolina Fornari
Che gli anni ’60-’70 fossero un periodo affascinante e allo stesso tempo difficile lo sapevamo già: innumerevoli autori italiani ce li hanno raccontati in mille e uno diversi modi. E per questo motivo che “Via Ripetta 155” di Clara Sereni mi è sembrato l’ennesimo racconto di qualcosa che, anche se in maniera indiretta, già molti di noi conoscono e su cui questo romanzo, un’autobiografia dell’autrice, non offre un punto di vista particolarmente interessante o diverso dal solito. La storia infatti è molto semplice: alla fine degli anni ’60, la giovane autrice Clara, appena ventenne, abbandona il nido familiare per andare a vivere in un malconcio appartamento nell’eponima Via Ripetta. Da qui incominciano le sue avventure da donna emancipata: il lavoro da dattilografa, la politica, le manifestazioni e l’amore libero senza alcun legame di cui la protagonista si professa grande praticante,salvo poi innamorarsi non ricambiata di un uomo più grande di lei e trasformarsi in un’oca giuliva costantemente alla ricerca di attenzione.
Nell’appartamento iniziano anche le prime incursioni nel campo della scrittura, prima con i racconti di fantascienza pubblicati in riviste in nicchia e poi con il primo romanzo addirittura candidato al premio Viareggio. Nel corso di 10 anni vediamo così l’appartamento cambiare insieme alla sua proprietaria: da luogo di ritrovo di giovani di sinistra a nido d’amore costruito e abitato insieme a Stefano, aspirante regista e grande amore dell’autrice.Lo stile di scrittura mi è piaciuto: pulito e lineare, ho apprezzato che l’autrice non si sia mai persa in divagazioni fuori luogo o in eccessive descrizioni dei luoghi che la circondano.
Il libro in sé tuttavia non è riuscito a lasciarmi molto, mi è sembrato solo una sterile elencazione di avvenimenti successi all’autrice in quei quindici anni, senza grandi riflessioni su ciò che ella abbia provato effettivamente e sul modo in cui tutto ciò l’abbia segnata o cambiata. Inoltre troviamo un susseguirsi di personaggi (storici, famosi oppure semplici amici), che a volte ritornano e a volte no, e che sono difficili da seguire: ciò crea confusione nella mente del lettore; Inoltre alcuni sembrano addirittura citati senza particolare motivo, se non quello di mostrare confidenza con certi ambienti e questo porta l’autrice a risultare un po’ antipatica.
Insomma, mi sento quasi in colpa a scrivere una recensione così poco lusinghiera, perché è evidente che l’autrice ha riversato in questo libro una parte molto importante della sua vita e cerca di raccontare gli avvenimenti che l’hanno trasformata nella donna che è ora; purtroppo non è riuscita a farlo in un modo che coinvolgesse i lettori, o quantomeno in un modo che coinvolgesse me.; Personalmente l’ho trovato un libro pieno di potenziale inespresso: scritto in modo pulito e lineare, ma alla fine superficiale. Visto l’enorme successo della critica forse riuscirà a conquistarsi un posto nella cinquina finale del Premio Strega, ma penso sia un romanzo troppo debole per riuscire ad accaparrarsi la vittoria. Sicuramente io non ci scommetterei sopra!